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Bari, fabbro si suicida a causa della crisi: la lettera

Bari, fabbro si suicida a causa della crisi: la lettera di un suo amico

Ci abbiamo pensato due giorni. Non sapevamo se pubblicare o meno la lettera pervenuta presso la nostra redazione: righe di rabbia e di commiato verso un fabbro barese che ha deciso di togliersi la vita per via della difficile situazione economica in cui versava. Noi non crediamo che il suicidio rappresenti una notizia, un fatto di interesse pubblico. E’ qualcosa, al contrario, che afferisce alla sfera privata e come tale non di interesse per i lettori. Certo, qui si tratta di un suicidio avvenuto a causa della crisi economica e quindi il fatto potrebbe assurgere a simbolo di qualcosa che tutti gli italiani stanno vivendo, direttamente o indirettamente. Ma non ci piace neanche fare il binomio “crisi uguale suicidio”. Ci sono tante persone coraggiose che combattono mantenendo intatta la propria dignità. Non possiamo e non vogliamo credere che davanti alle difficoltà economiche l’unica soluzione sia sparire nel nulla. Dopo queste riflessioni avevamo quindi deciso di non pubblicare la lettera. D’altro canto però se è giusto tutelare la libertà di una persona di poter togliersi la vita senza farlo sapere a tutto il mondo, è anche doveroso tutelare la libertà di chi “vuol dire qualcosa”, di chi pensa che in questi casi il silenzio rappresenti solo un atto di vigliaccheria nei confronti di ciò che sta avvenendo. Dovevamo quindi censurare la lettera o rendere pubblica la storia dello sfortunato signore? Abbiamo agito con buon senso, decidendo di pubblicare sì queste righe, ma senza fornire particolari che possano far risalire all’identità della vittima. Quindi niente foto del suo negozio, nessuna indicazione sul luogo dove viveva e lavorava e naturalmente niente nome. In questo modo riteniamo di essere riusciti a tutelare il diritto alla denuncia del lettore e il diritto all’oblio del fabbro. Qui di seguito la lettera: «Le statistiche sono note, l’ultima segna un suicidio ogni 2 giorni e mezzo per motivi economici. Ma quando l’evento si verifica nella tua città, nel tuo quartiere e quasi sotto i tuoi occhi e il protagonista è il tuo amico artigiano che ogni giorno saluti sotto casa mentre vai a lavorare, il dramma della disperazione esce dal neutrale mondo dei numeri statistici e ti attraversa la carne. Il mio amico fabbro, come tutti i sabati, ha mandato i suoi operai a casa all’ora di pranzo (“andate, me la vedo io, chiudo io non vi preoccupate”) e poi ha tranquillizzato la moglie al telefono (“passo prima dal mercato a prendere qualcosa”). E invece con il suo motorino è ritornato nel suo laboratorio e si è tolto la vita. A stringere la corda al suo collo, prima che il nodo scorsoio da lui accuratamente preparato, sono state le banche, che non volevano più aspettare che l’uomo ripagasse il debito contratto con loro. “Non era la prima volta che lo vedevo preoccupato ma avevamo sempre superato ogni difficoltà”, mi dice la moglie in lacrime all’obitorio, davanti al corpo del suo uomo, ancora avvolto dalla tuta di lavoro. Il mio amico era un grande lavoratore. Sempre disponibile, un sorriso e una parola buona per tutti. A nessuno ha mai permesso di leggere sul suo volto un solo segno del suo travaglio interiore. Ma oggi finalmente capisco come può essere silenziosamente micidiale la stretta della crisi con il suo dannato circolo vizioso che lentamente soffoca l’economia e strozza tutti. E i primi a soccombere sono sempre i più piccoli e indifesi. A questi piccoli ti sei aggiunto tu, caro amico mio. Il tuo sacrificio è un grido che scuote le nostre coscienze addormentate» Fonte: Barinedita

Comunicato stampa


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